V. Ottolenghi
Grazie,grazie,perché mi avete invitato qui con Franco Brambilla,direttore ,artistico della Corte Ospitale, un grazie perché sono qui con il critico Franco Quadri,non solo un critico, ma un intellettuale a tutto tondo, fondamentale il suo lavoro con Ubu libri indicazione di percorso sul teatro della contemporaneità e ancora un grazie per me,perché sono qui alla Corte con amici molto cari ai quali debbo affetto e riconoscenza anche perché mi hanno fatto incontrare personalmente J.Svoboda;la Corte Ospitale l’ha fatto venire in Italia più volte ,ha lavorato ad alcune scenografie con Franco Brambilla,ha fatto diversi laboratori, mostre,una è recente ,sta girando ancora per l’Italia.Ho incontrato I.Svoboda a Praga, per il suo compleanno,i suoi 80 anni,ero con Anna Pozzi,sindaco di Rubiera e con franco Quadri ,tre giornate che ricordo con vero piacere, ricordo i saluti degli a llievi di J.Svoboda alla Lanterna Magica,momento di grande gentilezza, tenerezza,affettuosità,di sconfinata stima,bellissimo ,una cosa molto semplice e grande allo stesso tempo,allo stesso tempo il saluto della città e della nazione; il teatro ha riallestito alcune vecchie scenografie come omaggio ad un grandissimo maestro.Di questo grandissimo maestro noi abbiamo la possibilità di seguire,leggere vedere immagini attraverso un libro che ancora è un collegamento tra queste due presenze ,il libro è “I segreti dello spazio teatrale”si legge con grande convolgimento,èun racconto,racconto di un maestro di grande genialità,ricercatore,artigiano artsta,architetto ,amante grandissimo della luce capace di non stancarsi mai di individuare materiali, immagini, visioni,scienziato e visionario,sicuramente il più grande scenografo del novecento.J.Svoboda ha lavorato molto con la Corte e c’era tra i suoi progetti,programmi importanti, quello di lasciare qui, e sarà fatto,un percorso di memoria e di conoscenzaattraverso una raccolta multimediale del materiale di Svoboda,sia delle scenografie svolte, sia dei materiali raccolti lungo il tempo.Voi vedete delle tracce importanti,diapositive,video,ricordi personali delle persone che sono qui e che poi diranno.Ora i mie compagni dialogheranno e ,affinché si possa mantenere la freschezza della memoria ho pensato di chiedere loro un ricordo, un ricordo di lavoro per Franco Brambilla, anche un ricordo di lavoro per Franco Quadri che è andato spesso a Praga anche per mettere a punto questo libro.Sono sguardi diversi:chi lavora direttamente con il teatro e uno sguardo invece di analisi,di considerazione più globale,ma credo poi affine sotto molti punti di vista.
F. Quadri
A Praga,nell’occasione che Valeria ha ricordato, ho scritto un pezzetto quando al teatro lirico hanno ripreso la Tosca, cosa difficile da fare in Italia,hanno infatti ripreso la Tosca fatta più di 50 anni prima,e siccome le scene sono diverse nei tre atti, prendendo un pezzetto di ciascun atto ,in modo da far vedere il cambiamento della scena,una cosa molto emozionante,per una volta lo scenografo era protagonista,lo scenografo e la musica e il regista passava in subordine, come spesso succedeva quando lavorava lui, in quell’occasione gli fu data una medaglia ,per i suoi 80 anni ed appunto in questa situazione io ho scritto un pezzetto che voleva riassumere l’immagine di Svoboda.
“Il novecento ha cambiato completamente il teatro grazie all’invenzione dell’elettricità e alla concorrenza del cinema e della TV, così come la fotografia trasformava la pittura. Già alla vigilia del secolo nasceva la regia rivoluzionando la lettura dei classici, con Chechov e Strindberg cambiava il modo di scrivere i testi. Le avanguardie teorizzavano anche un teatro senza testi, grandi visionari come Appia e Craig insegnavano un diverso uso dello spazio. Nella seconda metà del secolo, già a partire dagli anni 40 Josef Svoboda questa scenografia che è un’arte nell’arte la ha reinventata,attraverso il dinamismo degli elementi elevati quasi a personaggi ,infrangendo le leggi della gravità e grazie al tempo come dimensione coordinatrice, scoprendo l’uso di nuove materie,lavorando con la luce e con gli specchi in relazioni inedite capaci di condizionare la lettura dei testi. Ma ha anche utilizzato le proiezioni e il cinema cercando nella sua Lanterna Magica un teatro al di là del testo,dove il reale si confonde col virtuale.Questo scientifico inventore entrato nella leggenda, che è riuscito a far spezzare il laser per il suo Flauto magico, a usare la polvere come mezzo espressivo, a bloccare la corrente della metropolitana di New York per far morire la sua Carmen inondata di luce è sempre rimasto un artigiano che amava lavorare con le proprie mani e crede alla collettività dell’opera teatrale. Architetto del fantastico è ,o era un mago semplice che collezionava nel suo archivio immagini di vita e sostanze naturali di ogni genere basi per l’umanità di un teatro futuribile e dentro quel laboratorio, in un teatrino che è luogo dell’ideazione e della memoria esperimenta e monta spettacolini miniatura, il genio gioca coi sogni come un bambino di 80 anni, artista del materiale e dell’immateriale
F. Brambilla
Posso offrire delle suggestioni,dei ricordi…Con Svoboda era nato un rapporto di amicizia,di semplicità,io vorrei ricordare come lo abbiamo conosciuto. Mandammo un progetto,erano gli anni in cui lavoravamo ai “gabinetti di ottica”,Milena,la sua drammaturga lesse e tradusse il mio progetto e una settimana dopo ci trovavamo a Praga a parlare con il maestro; tutto fu molto semplice,diretto,emozionante perché c’era la presenza della genialità unita alla semplicità. Se dovessi ricordare la caratteristica che mi ha sempre colpito:un grande uomo con una grande capacità,una grande lucidità,con un senso quasi infantile del divertimento.Mi raccontava come è nata l’idea della spirale di Streler,del Faust di Streler,era qusta la cosa sorprendente di Svoboda ,il suo studio per certi versi sembrava estremamente meticoloso,rigoroso, ma con il senso di divertimento di un ragazzo. C’è una fotografia davanti a me,a noi di Svoboda nel suo studio:aveva ricostruito i laboratori di fotografia,di falegnameria di luminotecnica, di tutto ciò che poteva servire per il teatro. Pensava,come diceva Franco Quadri, che il teatro fosse una costruzione collettiva, tutte le persone avevano un ruolo fondamentale, dall’ultimo macchinista fino al regista.
F. Quadri
Aveva fatto molti mestieri,ottenne le lauree ad honorem negli Stati Uniti,m,a aveva cominciato lavorando da falegname,poi dopo era entrato in teatro proprio facendo i lavori manuali e di lì è diventato realmente uno scienziato e poi un grande collezionatore di oggetti di vita di ogni genere.Al di là di quelli che sono i suoi grandissimi meriti di ri fondatore della scenografia soprattutto per il lavoro con la luce,un lavoro che però è andato avanti continuamente,al di là di questo c’era questa sua passione, io mi incantavo. L’ho conosciuto grazie a voi .Lui è stato a Milano ed ha avuto questa difficile collaborazione con Streler ,ha lavorato con diversi grandi registi, ma non è riuscito poi, a parte la collaborazione con grandi registi cecoslovacchi e tedeschi a fare coppia con dei registi straordinari,perché le sue concezioni della scenografia partivano da una lettura del testo tale,che già prefissava i movimenti possibili in cui una delle basi era il fatto di questa scenografia sempre mobile come un personaggio e il fatto di prefissare prima le luci , poi dopo lavorare su materiali. Questo suo studio incredibile! C’erano raccolte di tutto, raccoglieva oggetti,raccoglieva fiori,raccoglieva flora e raccoglieva sassi, non solo, raccoglieva facce, c’erano quantità di immagini, tutto ciò che vedeva di curioso lo fissava ,ce l’aveva lì,e quando doveva preparare una scenografia, è da lì che partiva,da questo straordinario laboratorio. Poi aveva due teatrini, uno era un vecchio teatrino dei burattini ottocentesco ,messo in un angolo un pochino come un cimelio, l’altro era un teatro dove lui faceva la sua scena, cioè faceva la scena in tutti i particolari,compresa l’illuminazione: mai parlargli di un direttore di luci, perché era lui il direttore di luci, la luce era uno dei suoi modi per esprimersi. In questo teatrino poteva ricostruire tutti i suoi spettacoli. Giocava come un bambino; ricordi la gioia con cui ci faceva vedere come aveva fatto una scena in un posto,come l’aveva fatta in un altro, perché regolava queste luci alla stessa distanza che avrebbero avuto sul palcoscenico, era un creatore totale. In effetti sappiamo che ha inventato dei sistemi di illuminazione : ci sono i famosi svoboda che sono i riflettori controluce ….accennavo a questa cosa del laser,quando lui doveva fare Il Flauto magico a Monaco, il laser era un’invenzione arrivata da poco , lui disse-ho bisogno di spezzarlo-è andato alla Philips., che aveva il centro lì vicino, ha manifestato i suoi desideri,loro nel tempo necessario a lui richiesto, gli hanno messo a disposizione in studio,come fatto di ricerca sperimentale e gli hanno dato quello che lui voleva.Era un personaggio fantastico,anche perché credeva talmente nelle cose,era questa semplicità così disarmante che riusciva ad arrivarci.
F. Brambilla
Rispetto a questo mi ha sempre colpito questo nel suo studio,luogo da cui tutto partiva:c’erano decine di corpi illuminanti aperti,fari e lui non progettava l’illuminazione, ma progettava il corpo illuminante,cioè inventava il faro;non partiva dall’idea che ci sono certi fari che danno questo tipo di risultati ,ma continuava a ripetere-io entro nella materia per comprendere come va una scenografia. A vevo visto uno spettacolo di cui non ricordo il nome, forse la favola del Flauto magico alla Lanterna Magica:c’era il classico tappeto di danza molto spesso,nero,sembrava che da sotto ci fossero delle proiezioni, però il danzatore non faceva nessuna ombra, sembrava una magia, un a cosa impossibile, poi andammo a casa sua a cena,come spesso accadeva ed io gli ho chiesto come e ra possibile, la prima risposta fu –i miei segreti non li passo a nessuno, poi ha iniziato a raccontare: aveva fatto fare il tappeto con delle lamelle di carbonio ed intervenendo nella materia riusciva attraverso l’incidenza della luce a creare dei disegni. Questo era tipico del suo modo di affrontare la scena,non semplicemente la decorazione,ma entrare nella materia,comprenderla ,generare un corpo illuminante,oppure un tappeto,un fondale, non lavorava cioè con degli standard,ma creava.Era il suo tipico atteggiamento con cui ha condotto molte operazioni .Parlava di un altro suo concetto molto importante, dell’architettura dello spazio scenico: negava il discorso della scenografia, infatti una volta con Luzzatti a Genova ci fu quasi un tafferuglio, Luzzati ci rimase male e parlava proprio dell’architettura dello spazio scenico,significa interpretare lo spazio scenico ,entrare in profondità nella decorazione, questo era il filo conduttore della sua ricerca, il suo rapporto con la scena passava attraverso l’andare oltre i mezzi a disposizione per entrare nell’anima,nel corpo.
V. Ottolenghi
Aveva questa forte intuizione creativa e interpretativa dello spettacolo, per cui immagino che da regista non abbia avuto vita facile,forse tendeva a tenere le cose per sé….
F. Quadri
No,no era generosissimo,erano i registi che non lo volevano,perché sapevano bene..poteva lavorare con Del Kamp,poteva lavorare con determinati registi che avevano un loro interesse, si limitavano alla recitazione e gli lasciavano questa genialità immaginativa,certo che se lui fa Amleto e decide che lo spettro non esiste, ma è una immagine che si produce attraverso un incontro di luci, evidentemente questa è una interpretazione che costringe il regista, perché è un fatto molto importante la presenza o la non presenza dello spettro e lui voleva continuamente andare avanti nello scoprire qualche cosa che desse al teatro maggiori possibilità fino ad arrivare a queste forme di magia, queste ultime erano con Krejcia nel Faust, anche lì c’era la creazione di un personaggio che era virtuale, Mefisto che usciva da una frazione di uno specchio, una delle ultime cose che aveva fatto, andava verso l’ologramma,poi non scartava niente di tutto quello che di nuovo succedeva. Una persona di 80 anni ,sempre così protesa alla ricerca ,è una cosa comune ai grandi del teatro che non smettono di reinventare, di andare più in là, come Brook e un altro. Credo che ci manchi molto ,perché poteva fare ancora molte cose, non è che a 80 anni continuasse a proporre le stesse cose, inventava di continuo
V. Ottolenghi
Ho il ricordo delle sue mani che mi aveva molto commosso, lui un lavoratore,un manipolatore, aveva queste mani un po’ deformate da una forma di artrosi, percui sentivi questo suo parlare pieno di voglia,voglia anche fisica di fare, è un ricordo di grande tenerezza
F. Brambilla
Ho un ricordo molto netto, molto preciso, a Genova, quando abbiamo fatto la mostra a Sant’Agostino,quando Svoboda è arrivato ,si è seduto sotto questa torre gli ultimi anni della sua vita al balconetecnologica ,schermi, diapositive ed era estasiato, guardava queste immagini..la sera in albergo ci siamo fermati a chiacchierare e ho chiesto che cosa pensava a rivedere tutta la sua vita, perché era visibilmente estasiato..lui ha raccontato che ha rivissuto tutti i problemi che ha incontrato, legati alle varie realizzazioni, poi mi è venuto in mente Hoffman, che ha passato gli ultimi anni della sua vita al balcone a guardare la gente che passava senza rendersi conto del mondo, non riusciva a capire se le persone vise erano persone reali o erano i personaggi delle sue opere su questo ha iniziato ricostruire gli aneddoti ,le storie, è stato molto commovente.Non aveva voglia di fare la mostra,perché diceva che uno scenografo non fa mostre di scenografie, ma fa le scenografie,le mostre sono un’ombra dell’arte, ho cercato di insistere,di trovare la chiave giusta ,poi l’idea di fare una mostra che fosse in realtà uno spettacolo ,uno spettacolo fatto di tutti i suoi spettacoli, su questo ha iniziato a riflettere, mettere in scena i vari temi,la luce..lo ha aiutato a prendere la decisione positiva, la mostra c’è ed è anche importante come documentazione
V. Ottolenghi
Voglio fare una domanda , c’è ancora la disponibilità di un regista che ha voglia di mettersi a confronto con un grande,quasi in concorrenza? O abbiamo a che fare con dei registi che vogliono pensare allo spettacolo in toto e lo scenografo è qualcuno che ascolta le idee che deve realizzare secondo particolari indicazioni? L’idea della ricerca così completa,ricca,vasta,questo andare a cercare tra le cose piccole, le fotografie,le facce, i sassi, questo gusto dei materiali al di là della tecnologia, c’è ancora? E’ possibile vedere dove la teatralità della visione ancora si può cercare?
F. Quadri
Non penso che si stia andando verso uno svuotamento del fare teatro, ma verso un maggiore arricchimento del fare teatro. Non si può rispondere in generale, perché ci sono diversissimi scenografi, diversissimi registi, quelli che stimano il lavoro della scenografia. Il lavoro della scenografia si è un pochino ridotto nelle ultime tendenze, anche perché si tende verso un teatro più essenziale per motivi pure economici, ormai abbiamo il teatro dei monologhi con un attore solo per non pagarne due,figuriamoci pagare una scena o pagare tante scene,ci sono comunque diversissime tendenze,per esempio Brooke ha puntato sempre sul togliere,sul levare sul ridurre. Nell’ultimo A mleto c’è un tappeto, due cuscini e stop.Cosa non c’è nel Mahabaratha di polveri, di odori, scenografie ridotte e di una raffinatezza estrema. Diminuisce la raccolta di materiali presi dalla vita e aumenta lo sfruttamento del computer,del mezzo meccanico,ci sono anche grandi registi che si affidano a scenografi,ognuno segue le sue scuole,le sue tenednze,registi come Zadeck o come Dodin hanno sempre due o tre scenografi con cui condividono visioni e sano bene se rivolgersi all’uno o all’altro. Certi scenografi che ho conosciuto molto da vicino, Luzzati è un caso a parte,non può lavorare con tutti perché per esempio con Trionfo inventavano insieme, andavano a spasso ,vedevano un filo della luce, dicevano o che bello, facciamo una scena tutta di fili della luce, così l a fantasia dell’uno, il modo di quell’altro di far diventare tutto teatrale funzionava, era una coppia perfetta,Luzzati si trova bene con tutti, ma ci sono degli scenografi come Damiani,per esempio che è stato uno scenografo di un grande periodo perché ha fatto delle invenzioni, ha inventato la scena che non si chiude una scena aperta, si svolge soltanto in orizzontale, però c’è l’infinito di qui e di là,che è stato sfruttato ampiamente da Streler,soprattutto nel Galileo,poi ha fatto delle cose memorabili con Ronconi ; anche Jobb che è uno scenografo molto inventivo che vorrebbe fare un po’ lo Svoboda ma che lo fa non con le luci,ma con i diversi piani scenici, che però trova difficile collaborazione perché vuole imporre il suo discorso, bisogna avere la coscienza che aveva Svoboda che è un’arte collettiva
V. Ottolenghi
Torniamo ai ricordi di Svoboda? Ai Progetti? In che modo si può pensare che l’insegnamento non solo resti come ricerca, si farà,speriamo, questa raccolta di conoscenza per cui potranno venire persone a studiare a confrontare a capire, perché a volte è difficile anche capire, ci sono immagini che non bastano a spiegare, cioè non c’è l’intuizione immediata architettonica,c’è un sapere, un sapere che si possa rinnovare, è un problema della cultura italiana in particolare il passaggio di maestria
F. Brambilla
A questo proposito voglio ricordare Milena, la drammaturga di Svoboda, ma anche qualche cosa di più, c’era un sodalizio molto importante tra di loro, è morta qualche mese prima del maestro, con lei avevamo iniziato a costruire un progetto internazionale per un archivio,un po’ per salvare il materiale,salvare è una parola grossa, ovvero per dare una collocazione anche a livello europeo, l’idea di costruire un archivio multimediale per cui avere dei materiali a Praga La Lanterna magica o proprio a casa di Svoboda, in ogni modo la possibilità di consultare questi materiali in varie parti d’Europa con un lavoro complessivo. Si vede anche nel video di RAI SAT il suo studio come lui raccoglieva tutto,testi,conti disegni ,bozzetti, fotografie,per ogni spettacolo produceva una sorte di documentazione molto precisa e questo materiale sostanzialmente è la storia del teatro; si incrociano in questa collezione vite periodi esperienze artistiche di ogni sorta, è infatti transitato attraverso un periodo molto importante della storia del teatro europeo. La nostra ideea era appunto di contribuire a questo progetto complesso, molto complesso io spero di riuscire a costruire la via per potere costruire questo progetto in rete con altri centri europei e con luoghi fisici dove poter consultare,magari un parte di materiali, attivare rapporti con le università, con i centri di ricerca, con delle realtà interessate ad approfondire lo studio della scenografia, perché a questo punto non si parla solo di Svoboda,ma il discorso è più ampio. L’idea era anche quella di istituire delle borse di studio, mandare dei ragazzi a Praga alla Lanterna magica a lavorare . Per noi è un impegno più che altro nei confronti di due amici, Iosef e Milena con cui abbiamo fatto una parte molto importante di strada. Io ho anche realizzato un lavoro con la scenografia di Svoboda,io sono una testimonianza vivente della difficoltà di lavorare con un maestro; i pianti suoi….non ci si poteva scherzare. Nelle “Vite a scadenza di Canetti”,esperienza peraltro straordinaria, a un certo punto abbiamo avuto una sorta di scontro,perché per lui il testo di Cagnetti evoca uno Stato assolutamente potentissimo che controlla le vite nei minimi dettagli: venendo da un’esperienza stalinista o comunque da un mondo dove il controllo si esercitava con il mitra, è chiaro che l’idea era quella. La mia esperienza è un po’ diversa,per me non è questa, la mia esperienza personale è un mondo che viene controllato attraverso l’informazione, la manipolazione dei mezzi di informazione… per cui, sull’interpretazione, abbiamo avuto un momento di difficoltà poi ovviamente siamo arrivati ad un punto di contatto; il problema poi è quello, o hai la possibilità di andare su strade parallele….
In ogni caso c’è la nostra precisa volontà di andare avanti su questo progetto,di riuscire a trovare dei partner italiani per riuscire a …perché noi siamo piccoli,non abbiamo grandi possibilità,volendo si potrebbe fare una cosa molto interessante.
F. Quadri
Volendo,purtroppo la situazione non vuole tanto:in questo momento tutto ciò che è sperimentale,di ricerca, interessa molto meno che non tutto quello che è di consumo, lo sappiamo e sappiamo verso dove si va’.Ultimamente Svoboda non si poteva spostare molto facilmente, allora è stato tradito: uno dei suoi ultimi lavori qui all’estate teatrale veronese,all’Arena per La forza del destino il progetto era molto interessante ma è stato assolutamente sminuito…
V. Ottolenghi
Questa sala è la sala Svoboda,viene inaugurata oggi, è una sala di ricordi dove potrete fermarvi più a lungo per vedere immagini..diapositive.
Mi sto domandando se la direzione oggi di questo tipo di ricerca non sia più sulle arti figurative, sulle installazioni, su chi pensa di autoprodurre in fondo immagini visioni scientificità, mettere in gioco tutto creazioni,percorsi, più che mettersi in gioco con un regista con cui creare un dialogo comunque complesso, perché quando lui immagina un certo tipo di morte di Carmen è già un’interpretazione registica….quindi mi domando se ci sia una eredità Svoboda sulle arti figurative nel senso più ampio del termine,installazioni contatti..E’ una domanda
F. Brambilla
Faccio molta fatica a rispondere a questa domanda, perché la realtà che riesco ad osservare è talmente tanto contraddittoria,frammentaria,piena di direzioni che poi vengono abbozzate che la relazione con l’immagine visiva no è fondamentale molto spesso nascono le idee di molti lavori da immagini. Anche ‘Aqua micans’,inaugurato ieri è una evocazione visiva che diventa azione, teatro,testo, quindi da qui non voglio assolutamente teorizzare,ci sono le persone che lo devono fare, il teatro che maggiormente mi interessa, mi prende, è il teatro che ha la capacità di esplorare nuovi linguaggi, nasce dalle arti visive per trasformarsi in teatro. Ricordo Cantor ..ho avuto la fortuna di conoscerlo, ho avuto modo di vedere come lavorava:un artista visivo che trasforma una scena con altri linguaggi. Credo che questa sia l’attualità del teatro,il teatro vivo lo vedo in questo senso, chiaro poi che ci sono molte indicazioni,sfumature, passaggi….anche il teatro di parola, quando la parola si fa suono,si fa spazio, quando la parola diventa materia allora non è solamente il detto. In sostanza credo che il teatro che mi interessa maggiormente viva sempre nel non detto in quello che il pubblico in qualche modo può recepire e ritornare,ritrasformare,ributtare in avanti
F. Quadri
Andare avanti, prima ho fatto il nome di Castellucci,ma Castellucci è qualcuno che lavora soprattutto sull’immagine e sul suono, sullo stravolgimento del suono e l’immagine la costruisce nel suo modo di fare teatro che lo porterà verso il cinema inevitabilmente. Per quanto riguarda svoboda lascia moltissimo, lascia le invenzioni, un altro modo di vedere la scenografia, una capacità di estendere all’infinito l’immagine, soprattutto anche lui aveva seguito questa strada, perché dall’esposizione di Bruxelles e di Montreal lo hanno fatto conoscere per quella che è diventata la Lanterna magica dove lui costruiva degli spettacoli basati soprattutto sull’immagine e sui giochi di immagine e in effetti riguardavo quello che aveva detto nell’ultima intervista rilasciata a Venezia, lì rispondeva alle domande con un enorme interesse per la creazione di forme geometriche attraverso la proiezione dell’uso del video, come dire non lo si usa abbastanza, si può sfruttare in tanti modi,era uno che continuava ad andare avanti, è questa l’eredità che ci lascia,in effetti oggi si lavora sempre più sul computer , lo diceva anche prima e questo apre strade grossissime per il teatro, al di là di quelle che sono le installazioni che è un’altra cosa,perché il discorso visivo comunque a teatro è una forza, un’anima
V. Ottolenghi
Ringrazierei tantissimo Franco Quadri, Franco Brambilla, se non ci sono altre domande…